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Buona l'impepata di cozze, ma i gusci?

Alzi la mano chi durante l’estate non si è deliziato con un piatto a base di molluschi bivalvi, di cui tra l’altro il nostro Paese è uno dei maggiori allevatori e produttori europei: vongole, militi, ma anche cannolicchi, fasolari, tartufi di mare, per i gourmet ostriche e capesante, queste ultime di importazione, le penultime sempre più anche nostrane. Ma quando avete finito, guardando il mucchio di gusci vuoti, vi siete chiesti che fine fanno?



Eppure dovreste, perché il 70-90% del peso di un bivalve, secondo la specie, è costituito dal guscio. Che per parte sua è composto quasi interamente da carbonato di calcio (90-95%) in gran parte sotto forma di calcite e per il resto da fosfato di calcio e una proteina specifica, la conchiolina. Recentemente si è scoperto che il carbonato di calcio è organizzato con una microstruttura che resta costante sino a scale molto piccole, dell’ordine dei pochi nanometri. In pratica il guscio delle bivalvi è un frattale, composto da elementi molto piccoli che si ripetono sino a creare strutture molto grandi. Questo conferisce al guscio una grande resistenza e un’elevata capacità di bioassorbimento.

Ebbene, questo capolavoro evoluzionistico viene considerato dalla legislazione italiana come residuo secco non riciclabile, in pratica finisce direttamente nel sacco nero e poi in discarica. Attenzione quindi a non metterlo nell’umido… ci scappa la multa. Per chi “produce” una grande quantità di gusci il problema non è semplice, dagli allevatori e raccoglitori ai produttori alimentari e ai ristoratori. Il fenomeno è studiato in tutto il mondo.


In Europa in particolare è oggetto di progetti di ricerca finanziati dai vari fondi dell’Unione. Il progetto P.Ri.S.MA.-MED, che si è appena concluso nel quadro del programma Interreg Italia-Francia Marittimo, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo regionale, ha studiato la questione nell’ambito della ricerca e sperimentazione di azioni per ridurre l’inquinamento delle aree portuali da parte di rifiuti e scarti organici ed inorganici provenienti dalla pesca dall’acquacoltura e dal diportismo nautico. Oltre che la salvaguardia dell’ambiente marino, il programma aveva come finalità anche, nel quadro dell’economia circolare, di fornire sbocchi commerciali a questi scarti per compensare i costi sostenuti dagli operatori per il loro smaltimento ai sensi della legislazione attuale.

Gli sbocchi individuati a seguito dello svolgimento delle attività della componente T2.4 “Progetto Pilota focus molluschicoltura - circular economy”, svolto in collaborazione con i mitilicoltori del nord della Sardegna rispettivamente valorizzano le due caratteristiche del materiale che compone i gusci, la resistenza e le capacità di bioassorbimento.


In entrambi i casi i gusci sono stati triturati sino a dimensioni di pochi millimetri o anche meno (polvere). Il materiale è stato poi miscelato in stampi con una resina sintetica molto fluida e un catalizzante che ne provoca l’indurimento. Il risultato sono componenti di rivestimenti, pavimentazione e decorazione per l’edilizia. Il materiale è colorabile e ha un aspetto molto simile al granito. Miscelando specie diverse, per esempio vongole e cozze, si ottengono effetti esteticamente interessanti, con una grana molto simile al granito rosa/nero. Da un punto di vista della resistenza, i componenti si adattano a utilizzo non strutturale, col vantaggio di avere un’impronta ambientale molto più favorevole del materiale da cava. Nonostante prima di essere triturati i gusci debbano essere accuratamente lavati per eliminare i residui organici, a parità di peso il derivato dai gusci richiede 160 volte meno acqua.

Il triturato di gusci è stato anche provato come ammendante di terreni agricoli in scarsità da calcio, in sostituzione di prodotti come la calce agricola. Inoltre, il triturato è in grado anche di assorbire i ristagni idrici, migliorando il drenaggio, e gli inquinanti liquidi, permettendo il recupero di terreni degradati. Dal punto di vita economico, le potenzialità sono molto interessanti. La produzione nazionale di bivalve consentirebbe per esempio di produrre ammendante a basi di gusci triturati sufficiente a 6.000 ettari l’anno.


Gli utilizzi dei gusci, ma anche della frazione organica di scarto delle attività di pesca ed acquacoltura sono al centro della sessione sulla Circular Blue Economy, nell’ambito della conferenza sulla salvaguardia dell’ambiente marino del Bue Economy Summit di Genova, di cui il nostro Studio ha curato la progettazione dell’agenda. La partecipazione all’evento è possibile in presenza o in streaming, basta registrarsi sul sito www.besummit.it.

Le date? 13-16 ottobre. La Circular Blue Economy in particolare a metà mattinata di mercoledì 15.



 

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