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La vaccinazione Covid-19 sarà una campagna logistico-industriale o non sarà

È già stata definita la più grande campagna logistica della storia prima ancora non solo di iniziare ma anche di essere progettata. Sicuramente fare arrivare in modo tempestivo 10 miliardi di dosi di vaccini anti-Covid19 (dagli 80 ai 200 milioni in Italia) ai punti di somministrazione non sarà una passeggiata. Ma il problema non è logistico, o meglio non solo, è un problema industriale e di supply chain, anzi di tre.


Ormai lo sanno tutti, non esiste un vaccino anti-Covid. Tra le centinaia i candidati in valutazione o ancora in sviluppo, solo poco più di una decina, includendo anche quelli russi e cinesi, hanno probabilità significative, ma variabili, di essere disponibili in quantità entro la prima metà del 2021. Questa dozzina di vaccini è stata messa a punto con tecniche diverse, che si ripercuotono direttamente sulle loro caratteristiche chimico-fisiche e farmacologiche, i primi driver della logistica necessaria alla loro distribuzione. Senza entrare in dettagli, quelli che saranno disponibili per primi richiedono temperature di stoccaggio e trasporto da abbastanza a molto basse. Il primo in assoluto, il vaccino Pfizer-BiOnTech, deve essere mantenuto a temperature di -70 gradi centigradi fino al momento in cui viene scongelato per la somministrazione. Il Moderna (finanziato direttamente dal governo USA e prodotto in Europa in Grancia) inizialmente richiedeva la stessa temperatura, ma ora l‘azienda è riuscita a portare la temperatura sui -20. Altri vaccini, a partire da quello AstraZeneca-Università di Oxford, viaggiano a 2-8 gradi positivi, comunque in frigorifero.


Dal punto di vista logistico, il più difficile sembra quello Pfizer. È certo che viaggerà all’interno di contenitori refrigerati in modo attivo o passivo. In entrambi i casi, l’offerta è abbondante e qualificata. Di particolare interesse a parere di chi scrive è la soluzione scelta da Pfizer di un contenitore modulare, in grado di trasportare da 975 a 4875 dosi, in grado di mantenere a -70 per dieci giorni il farmaco senza interventi esterni utilizzando piastre eutettiche a ghiaccio secco. Il contenitore è dotato di GPS e rilevatore di temperatura e si presenta come uno scatolone quadrato (il rivestimento esterno è di cartone) di una sessantina di centimetri di lato. Non esiste per ora una conferma ufficiale, ma questo contenitore è molto probabile sia prodotto dall’azienda specializzata CSAFE Global, che ne ha a catalogo diversi di questo tipo, tra cui un modello che è praticamente identico a quello descritto.




Dal momento che tecnicamente la difficoltà non è la temperatura da mantenere in assoluto, ma compensare la differenza tra questa e quella esterna al contenitore, è molto probabile che gli scatoloni sigillati verranno caricati su camion refrigerati a -20 (i classici per il trasporto di surgelati). In questo modo si riduce della metà il differenziale di temperatura con l’esterno, il refrigerante si mantiene e funziona da solo solamente quando si è arrivati a destinazione.


Stabilite le caratteristiche di quello che si deve portare a destinazione, si è solo all’inizio dell’opera. Chi scrive coordina lo studio condotto dall’OITAf, l’Osservatorio Interdisciplinare Trasporto Alimenti e farmaci, con un Tavolo di Lavoro dei maggiori esperti italiani nei diversi campi di conoscenza ed esperienza necessari per definire le migliori pratiche per effettuare la campagna vaccinale Covid-19. I risultati preliminari dello studio, che è in corso e che forma la base di una serie di raccomandazioni che saranno a giorni consegnate alle autorità italiane competenti, sono rivelatori ed in parte sorprendenti. Non si tratta di una catena logistica sola da mettere in piedi e far funzionare, quella delle dosi di vaccini, ma di tre, e sono catene di fornitura, supply chain, che vanno ben al di là del trasporto. Di queste, quella dei vaccini è paradossalmente la meno problematica. Basta dire che le altre due sono quella dei vaccinandi e quella dei vaccinatori, per intuire il perché.

Visti i numeri in gioco, e soprattutto i tempi, le soluzioni medico-sanitarie tradizionali, che eccetto pochissimi casi (vengono alla mente i prelievi) sono esempi di alto artigianato, non sono percorribili. Occorre cambiare paradigma. Lo dicono i numeri. L’obiettivo finale della campagna vaccinale anti-Covid-19 è la stessa delle altre, da quella anti-polio degli anni ‘50-’60 alle più recenti contro le malattie esantematiche e il vaiolo, raggiungere un numero di persone immuni abbastanza alto da non offrire agli agenti infettivi “spazio” per diffondersi, la cosiddetta immunità gregge. Questo si fa con i vaccini e la percentuale minima della popolazione che va vaccinata dipende dall’efficacia del vaccino. Secondo quello che è stato comunicato, in Italia l’immunità di gregge anti-Covid con i vaccini disponibili oscilla tra il 60 e il 65%, ossia 40 milioni di persone. Inoltre, visto che la Covid-19 è una malattia mortale e senza cura specifica (e le misure di contenimento sono devastanti sul tessuto sociale ed economico del Paese), l’immunità va raggiunta nel più breve tempo possibile. Tempo ancora più breve in quanto non è ancora noto sperimentalmente quanto duri l’immunità conferita dai vaccini, se ci si mette troppo si rischia di trovarsi ad imitare Sisifo. Da quanto è noto, l’obiettivo è quindi vaccinare almeno 40 milioni di persone in Italia tra febbraio e settembre/ottobre. Non è mai stato fatto prima su questi numeri e in questo tempo. Con la complicazione che l’epidemia è in corso.

Ed ecco il cambio di paradigma: la Campagna Vaccinazione Covid-19 è un’intrapresa di tipo industriale che ha la sua “fabbrica” distribuita in ogni «luogo» dove avviene la somministrazione. La Campagna raggiunge l’obiettivo se funziona in modo massimamente efficiente la somministrazione. La somministrazione costituisce in altri termini il “vincolo”, basandosi sul linguaggio usato dalla Teoria dei Vincoli (Theory of Constraints) sulla base del quale deve essere costruita la struttura che fa funzionare la Campagna. La produzione viene alimentata da tre supply chains delle risorse necessarie: vaccini, vaccinandi e vaccinatori (compresi i necessari presidi medico chirurgici, come disinfettanti, siringhe di precisione, ecc). Non è necessario che queste supply chain siano efficienti, devono essere efficaci anche a discapito dell’efficienza. Per esempio, non importa (entro certi limiti) che fuori dal punto di somministrazione si formi una coda, l’importante è che i vaccinatori abbiano sempre “materia prima” da vaccinare e per vaccinare. Le tre supply chain hanno poi al loro interno dei canali diversi, es. per tipo di vaccino, per profilo del vaccinando, in alcuni casi più semplici, in altri molto complessi. La somministrazione a domicilio ad anziani soli con difficoltà a muoversi fuori casa in luoghi di residenza lontani dai presidi ospedalieri, per esempio, è un caso molto più frequente di quel che sembra. Nel caso del vaccino Pfizer si deve tenere conto che il farmaco si degrada rapidamente una volta scongelato dai -70 (5 giorni a 2-8 gradi, ossia in frigorifero, massimo 6 ore a temperatura ambiente).

A tutti gli analisti è apparso subito chiaro che la logistica dei vaccini Covid-19 avrebbe dovuto essere separata da quella generale dei farmaci. In breve, in Italia, questa si basa sulla figura del depositario con i suoi magazzini (che ricevono i farmaci dai produttori) e su distributori secondari, che può essere un’azienda o un magazzino centralizzato di una ASL o consorzio di ASL.

Pfizer (ma potrebbe essere una scelta condivisa da altri in futuro) ha fatto un passo in più, optando per il controllo totale della catena e la riduzione dei passaggi modali. Da ciascun stabilimento di produzione ogni giorno usciranno (stanno già uscendo) una dozzina di bilici con a bordo ognuno più di 320.000 dosi. Una parte dei trailer andrà nel più vicino aeroporto, il resto in un centro distributivo continentale (in Europa sarà a Karlsruhe), oppure direttamente nei siti di consegna (non per nulla il Belgio inizierà a vaccinare col Pfizer già il 5 gennaio). Una volta in aeroporto o nel centro distributivo, i contenitori con i vaccini passeranno in carico ai grandi corrieri espresso che per via aerea e terrestre si occuperanno della consegna al punto dove i committenti, ossia gli Stati, diranno loro di consegnare. Sembra un’impresa gigantesca, ma bisogna ricordare che una fila di vaccino Pfizer è piccola, contiene 2 millilitri. Ogni dose è infatti pari a 30 microgrammi di vaccino secco in sospensione, poi va diluita. Per consegnare tutti i 27 milioni di dosi che l’Italia ha ordinato, sufficienti per 13,5 milioni di persone, bastano 84 bilici e le consegne saranno spalmate in otto mesi.


Quanto detto vale in generale. Per l’Italia il Piano Strategico per la vaccinazione, che potete trovare qui [LINK], sono previsti 300 hub di somministrazione dotati anche di frigoriferi speciali a -70. È qui che Pfizer consegnerà, in lotti minimi di 2.000 dosi, estendibili a multipli di 1.000. Il costo logistico dalla produzione agli hub è compreso nel prezzo del vaccino e ne spiega in parte il maggior costo rispetto ai concorrenti (15-18 euro contro i 3-4 dell’AstraZeneca). Per gli altri vaccini, con minori esigenze di temperatura controllata e a più limitato rischio di degrado, lo Stato italiano ha deciso comunque di adottare una catena logistica totalmente separata e controllata direttamente, attraverso le Forze Armate. Tutti i vaccini non Pfizer verranno infatti consegnati ad un hub nazionale nel sito interforze di Pratica di Mare e da lì smistati ad hub regionali, di cui almeno alcuni militari (per la Toscana sarà lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze). Da questi partiranno le consegne verso 1.500 hub di somministrazione, dove faranno base anche le unità mobili che porteranno i vaccini a domicilio, nelle RSA, ai medici di famiglia, anche per lo Pfizer. Giova ricordare che Pratica di Mare è relativamente vicino dallo stabilimento di Anagni, dove sarà infialato e confezionato il vaccino AstraZenecam, della multinazionale Catalent, il che, oltre alle necessità di sicurezza, spiega la scelta del sito (Catalent produrrà il vaccino AZ negli Stati Uniti).


E le altre due supply chain? Ci torneremo nel prossimo numero della newsletter. Dopo tutto la Campagna Vaccinale sarà con noi molto a lungo.


Nota: questo articolo è un estratto ridotto e modificato dello Speciale con la stessa firma che viene pubblicato nel numero di dicembre della rivista Porto & Interporto dell’amico e partner di lunga data Maurizio De Cesare, a cui rimandiamo per un maggiore approfondimento.


 

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