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Di carne coltivata in crisi, cibi per migliorare l'umore e CRISPR al salvataggio del cioccolato

Il cibo e tutto quello che gli gira attorno è un argomento fisso della nostra newsletter e anche dell’attività dello Studio. Non ce ne occupiamo da un po’, quindi torniamo sull’argomento con una rassegna su alcune notizie e tendenze recenti che sono forse sfuggite ai più.


La carne coltivata ha occupato per qualche giorno le prime pagine dei giornali e i titoli dei telegiornali in Italia. Poi silenzio. Le attività nel settore però proseguono. Negli Stati Uniti la FDA ha dato l’autorizzazione alla commercializzazione dei prodotti di una seconda azienda. Dopo UPSIDE Food ora è stata la volta di GOOD Meat, il braccio dedicato alla carne coltivata di Eat Just. Contemporaneamente è giunta la notizia della chiusura di New Age Eats, altra startup del settore. L’azienda ha esaurito i fondi di capitale di rischio che una serie di investitori avevano messo a disposizione e non ne ha trovati di nuovi. Le turbolenze nel settore del venture capital, e in particolare di quello rivolto al settore del cibo, come rivelato dal fallimento di SVB, la banca della Silicon Valley specializzata nel campo, spiegano solo in parte la crisi. La verità è che, anche se un’azienda riesce a produrre in laboratorio carne coltivata, e anche se ha ricevuto l’autorizzazione, prima di arrivare al mercato, e quindi di iniziare a fatturare, deve investire ancora quantità molto grandi di capitale.



Si parla di miliardi di dollari per ogni linea produttiva che servirebbero a comprare bioreattori in grado di produrre in ambiente controllato, sistemi di depurazione e smaltimento dei substrati, stampanti 3D per creare la texture a partire dalle cellule, anch’esse operanti in ambiente controllato, linee di packaging, magazzini refrigerati, campagne di vendita verso il retail, campagne di marketing, ecc. E questo per arrivare a produrre solo una piccolissima frazione di quello che è il mercato della carne oggi. Negli Stati Uniti ci sono già voci che vorrebbero un investimento pubblico a favore della carne coltivata, sul modello dell’Inflaction Reduction Act e degli altri incentivi a favore delle rinnovabili. Una proposta molto poco praticabile, a mio parere. L’urgenza nei confronti della sostituzione della carne naturale con quella coltivata è una frazione infinitesima rispetto a quella per la decarbonizzazione del settore energetico e automobilistico. Inoltre, il settore alimentare è uno di quelli trainanti dell’economia americana e anche delle sue esportazioni.


Una delle tendenze del vivere contemporaneo, spinta dalla ricerca scientifica ma anche da molte credenze, è l’idea che l’alimentazione abbia un riflesso immediato sulle condizioni e le prestazioni mentali. Il mercato degli integratori ha tra i suoi driver queste motivazioni. Ora sembra che la richiesta stia passando da integratori stand-alone a ingredienti inseriti nei cibi. Sui mercati più avanzati, come quello americano e quello del Regno Unito, gli esperti del settore hanno notato una maggiore richiesta di cibi che promuovano il rilassamento e l’umore positivo. In pratica si tratta di inserire nei cibi degli ingredienti funzionali, tecnicamente degli adattogeni, di origine vegetale o fungina, che secondo alcune ricerche aiuterebbero l’organismo in momenti di stress regolando il metabolismo. In questo il loro meccanismo d’azione sarebbe diverso sia dai tonici che dagli stimolanti e soprattutto non avrebbe un campo d’azione specifico, ma sistemico. La ricerca scientifica nel settore è stata effettuata in gran parte nell’Unione Sovietica, in Cina e in Corea ed è accolta con un certo scetticismo. Per esempio, alcune sostanze come l’astaxantina vengono fatte rientrare tra gli adattogeni, ma sono più semplicemente degli antiossidanti.


Questo non sta trattenendo diverse aziende dal cavalcare la richiesta. La spagnola Nektium propone come ingrediente di bevande per sportivi e di cibi funzionali l’estratto di rodiola, una pianta che cresce nell’Artico.


La tendenza verso cibi che migliorino l’umore fa parte di un trend più ampio che prevede l’utilizzo di sostanze definite nootropi. Sono di origine naturale, ma esistono anche come molecole di sintesi. Originariamente erano stati studiati come farmaci per determinate patologie legate all’invecchiamento ma anche a malattie degenerative. Oggi sono diffusi come integratori, ma si sta andando anche in questo caso ad inserirli come ingredienti. Di solito chi li assume è alla ricerca di migliori prestazioni mentali nell’ambito dell’attenzione e della capacità di concentrazione. Il problema, che negli Stati Uniti è stato per esempio rilevato nei giovani, è che ci si aspetta un effetto immediato, per esempio per affrontare un esame. Invece i nootropi hanno un effetto che richiede tempo per manifestarsi. Nella maggior parte dei casi gli stessi effetti si ottengono con diete bilanciate contenenti alimenti in grado di fornire gli oligoelementi che vengono invece assunti sotto forma di integratori.



Finiamo con una nota positiva, almeno per chi scrive. Alcuni dei vegetali più utilizzati sono sotto crescente attacco da parte di malattie e siccità. Facciamo alcuni esempi. Il cacao ha una variabilità genetica molto limitata ed è vulnerabile a infezioni fungine. Oggi dal 20 al 30% delle piante viene ucciso dai funghi prima di riuscire a portare frutto. Anche le banane sono a rischio. La varietà commerciale più pregiata, la Cavendish, è sotto attacco nelle Americhe, dove è concentrata la maggior parte delle coltivazioni, da parte di un altro fungo, il Fusarium oxysporum f. sp. cubense, in una nuova varietà rispetto a quella che aveva già distrutto le piantagioni di banana della varietà Gros Michel nella prima metà del ‘900. Infine, gli agrumi. La Florida, una delle regioni produttive più importanti al mondo da oltre 20 anni è sotto attacco da parte di un batterio letale per le piante proveniente dalla Cina, il Liberibacter che causa la malattia huanglongbing, che non ha cura a differenza di altre malattie degli agrumi e che viene diffuso da due specie di insetti vettori. Per ora in Europa non si è visto, ma se dovesse propagarsi si calcola che la velocità di diffusione sarebbe di 20 km/anno. Insomma, in un decennio distruggerebbe gli agrumeti siciliani.


E la nota positiva? Editing genetico al salvataggio. I ricercatori dell’Università della Florida hanno scoperto due geni delle piante di agrumi che codificano i luoghi molecolari che vengono attaccati dalle tossine del Liberibacter. Ora stanno procedendo a modificarli usando una versione delle tecniche CRISPR. L’idea è di produrre varietà resistenti alla malattia huanglongbing.


Banane. Elo Life Systems ha sviluppato usando CRISPR una varietà di Cavendish che produce un tipo di olio essenziale che uccide il Fusarium. La varietà è stata piantata in una fattoria della Dole in Centroamerica e ora è sottoposta a prove di produttività e resistenza. A livello di laboratorio ha già dimostrato di essere in grado di sconfiggere il fungo. Una sperimentazione dello stesso tipo la sta conducendo Tropic Bioscience, un’azienda britannica, sempre usando CRISPR. In Australia invece è in corso una sperimentazione con una tecnica transgenica. I ricercatori della Queensland University of Technology hanno trasferito un gene che conferisce immunità al fungo da una varietà selvatica di banana alla Cavendish. Ora stanno cercando di risuscitare lo stesso tratto nella Cavendish utilizzando editing CRISPR per superare le barriere esistenti in molte parti del mondo verso gli organismi transgenici.


Cacao. Se ne sta occupando l’Innovative Genomics Institute dell’Università della California – Berkeley con il supporto anche della Mars, la celeberrima azienda di dolciumi. Sempre CRISPR è protagonista, sia per attivare geni che aumentino la resistenza ai funghi, sia per creare varietà che prosperino anche in condizioni di maggiore aridità.


 

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