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Le cuffiette audio a MEMS sono qui: attenzione al volume…

Avete appena comprato un paio di auricolari stereo wireless? Se le istruzioni dicono di non alzare troppo il volume, credeteci.



Sono dappertutto, rivoluzionano i settori dove vengono via via impiegati, ma essendo invisibili pochi se ne rendono conto. Sono i MEMS, i Micro Electro-Mechanical Systems, micromacchine con tanto di ingranaggi, diaframmi, leve e bilancieri ma costruite con le stesse tecnologie dei microchip. I MEMS sono quelli che permettono agli smartphone di percepire le accelerazioni, i cambiamenti di orientamento e altre variabili fisiche. Hanno debuttato nella sensoristica ma da qualche hanno sono entrati nel capo degli attuatori, ossia oltre a percepire il mondo, ora lo influenzano, per esempio emettendo il suono.


Altoparlanti basati su MEMS hanno iniziato ad apparire sotto forma di prototipi nel 2016. Fino a quel momento, e ancora oggi, la maggior parte degli altoparlanti utilizza la tecnologia a bobina mobile (voice coil), dove una coppia magnete-avvolgimento cui viene applicata una corrente elettrica provoca la vibrazione di una membrana che a sua volta produce il suono. Un altoparlante MEMS, invece, è costituito da una lastrina di materiale piezoelettrico (il più usato è il titanato di zirconato di piombo, una elettroceramica) che, sottoposto ad una minima tensione elettrica, si deforma. Cambiando rapidissimamente polarità, la lastrina vibra ed emette suono. Una tecnologia alternativa prevede lamelle verticali sottilissime su una base di silicio. A differenza del sistema a lastrina o diaframma, in questo caso viene usato per produrre la vibrazione l’intero volume del chip, non la sola superficie. Le lamelle sono mosse da un campo elettrostatico a bassa capacità elettrica (il sistema è composto interamente da silicio), l’efficienza energetica è maggiore e la potenza sonora raggiungibile è più alta. Si parla di 120 dB di pressione sonora con 10 millimetri quadri di area attiva, equivalente ad una sirena da nave. Lo svantaggio principale, oltre al fatto che la tecnologia è molto più indietro rispetto al piezoelettrico, è che il processo di fabbricazione sembra delicato, complesso e quindi costoso. Vedremo.


I vantaggi rispetto alla tecnologia tradizionale, specie su scale di grandezza piccole, sono numerosi: almeno 50% di assorbimento elettrico e 80% di costo inferiore, bassissimo tempo di latenza, insensibilità alle interferenze, spessore più basso del complesso altoparlante - alimentatore - elettronica di controllo – componenti passivi. Inoltre, la bassa latenza consente di utilizzare lo stesso MEMS anche come microfono per realizzare un altoparlante con funzioni integrate di soppressione del rumore esterno.

Le applicazioni non si fermano alle cuffie per gli smartphone, naturalmente. Gli altoparlanti MEMS vengono già usati in certi ausili uditivi. Inoltre, potendo utilizzare altoparlanti molto piccoli, diventa possibile “formare” un raggio sonoro e persino localizzare una fonte sonora nello spazio da una certa distanza, anche a frequenze ultrasoniche. Si possono pensare applicazioni in campi come i sensori ambientali, per auto ma anche per persone con disabilità, occhiali che usano ultrasuoni per vedere nel buio o nella nebbia o nel fumo. E MEMS che possono agire come altoparlanti e come microfoni.




A differenza di altri settori micro e nano, sui MEMS audio la battaglia si combatte in gran parte tra europei, per ora. Il pioniere è stata la startup austriaca Usound, fondata e diretta da italiani ex-STMicro e che, ricordiamo, è la Grande Madre dei MEMS. La stessa STM effettua la produzione di massa per l’azienda. A loro si contrappone il colosso Bosch, con la divisione Sensortec che ha acquisito a fine aprile scorso la startup Arioso Systems, a sua volta uno spinoff del Fraunhofer Institute tedesco. Arioso è impegnata nello sviluppo delle tecnologia tutto-silicio a lamelle.


Entrambe le tecnologie utilizzano flussi audio analogici. L’australiana Audio Pixel sta invece da oltre 15 anni seguendo un’altra strada: tradurre in vibrazione, e quindi in suono, flussi audio digitale, senza conversione. Il suo MEMS è una lamella con migliaia di audiopixel, le zone attive produttrici di suono. Dopo aver lavorato con l’israeliana Tower Semiconductor prima che quest’ultima passasse a Intel, ora la società sta collaborando con la cinese Earth Mountain che da un paio di settimane è riuscita a consegnare i primi wafer. La tecnologia è potenzialmente rivoluzionaria, anche perché Audio Pixel sta puntando da subito a una gamma di frequenze amplissima, da 100 Hz a 50 kHz. Probabilmente gli australiani punteranno ad applicazioni audio di fascia alta, con fedeltà assoluta e alte potenze. Nel settore delle cuffiette wireless, invece, i due europei si spartiranno una quota prevista del 50% entro il 2025, tutto a discapito delle tecnologie tradizionali. Tenete le orecchie aperte.


 

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