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L'umile ammoniaca chiave per i trasporti green via mare

Decarbonizzazione è la parola d’ordine che risuona nelle aule delle università, nei parlamenti e negli uffici dei Paesi europei e della stessa Unione. Essa vale per la produzione dell’energia e per i trasporti, dove il compito è più arduo (per non parlare dei processi industriali, dove la strada è ancora molto lunga e richiede anche diversi passi in ricerca di base ed applicata).


A parte l’energia elettrica, che però è semplice da produrre ma difficile da immagazzinare, la decarbonizzazione necessita anche di un secondo pilastro, che sia relativamente semplice da conservare, e anche abbastanza maneggevole da essere utilizzabile su mezzi di trasporto che devono essere leggeri (aerei ed elicotteri) oppure molto grandi, pesanti e affamate di potenza (navi).



Questo secondo pilastro è stato da tempo identificato nell’idrogeno, che puro richiede però conservazione a temperature molto basse oppure pressioni elevate, inopportune per quantità elevate (la combinazione idrogeno-ossigeno è la reazione chimica più energetica in natura). È partita quindi la caccia a soluzioni di immagazzinamento meno estreme, oppure a sostanze che contengano grandi quantità di atomi d’idrogeno a parità di peso molecolare e contemporaneamente contengano poco o niente carbonio. Dopo il metano (che, CH4, la C la contiene) viene NH3, un atomo di azoto, costituente principale dell’atmosfera, e ben tre atomi di idrogeno.


È proprie lei, l’ammoniaca (attenzione, quel che passa per ammoniaca nel flacone sotto il lavello è una soluzione molto diluita della “real thing”). L’umile ammoniaca, che si ritrova come intermedio in moltissimi processi chimici e come prodotto d’uso per esempio in agricoltura (in molti Paesi viene iniettata direttamente nel terreno come concime) e nella refrigerazione.

L’ammoniaca come vettore energetico non è una novità, è stata utilizzata fin dai primi del ‘900 anche per alimentare automobili, autobus, camion e treni automotori. Persino il Gran Lombardo ing. Carlo Emilio Gadda, quello del Pasticiaccio e via elencando capolavori, le dedicò in questo ruolo un articolo divulgativo sulla Gazzetta del Popolo (li faceva per mangiare, ma anche per diffondere la cultura industriale tra gli italiani. Era il 1937, si era in piena Autarchia, ma anche oggi non farebbe male).


Rispetto alle alternative, l’ammoniaca è semplice da conservare e da trasportare, con le dovute precauzioni, non esplode spontaneamente e non brucia, è tossica ma ha una persistenza breve nell’ambiente, e non si degrada. È perfetta quindi per ospitare l’idrogeno ricavato via elettrolisi dall’acqua utilizzando anche l’energia elettrica in eccesso delle fonti non carbon-based (il candidato principale è l’eolico, ma dove si usa il nucleare si può usare anche il calore diretto per produrre idrogeno dall’acqua).


Quanto alle sue modalità di utilizzo per rilasciare energia, le strade sono due: come fonte di idrogeno per alcuni tipi di celle a combustibile, che producono elettricità direttamente; come combustibile bruciata in motori a combustione interna (come avveniva all’inizio del ‘900). Dagli scarichi esce acqua e azoto, neutralizzando gli ossidi d’azoto con sistemi catalitici. Per i campi applicativi, quello preferito è la propulsione navale, dove lo spazio (per i serbatoi) ed il peso (dei filtri catalitici) sono un problema affrontabile. I giganti del motorismo navale (da Wartsila a MAN a Deutz) hanno già pronte soluzioni e anche prodotti, e si dicono capaci di effettuare anche il retrofitting di impianti già installati. Il vantaggio è naturalmente che tutto quello che circonda il motore (trasmissione, eliche, controlli, ausiliari) resterebbe al suo posto.


La produzione dell’idrogeno e poi dell’ammoniaca avverrebbe nei pressi dei porti, grazie a campi eolici offshore e a terra (sono le soluzioni rispettivamente in corso di realizzazione a Rotterdam e a Zeebrugge, ossia Marina di Bruges). Oltre che per le navi, l’ammoniaca verrebbe usata anche per lavorazioni chimiche, per esempio la produzione di fertilizzanti. Almeno due piccioni con una fava.


La tecnologia è talmente promettente per la decarbonizzazione del settore marittimo che sono partiti diversi progetti, il più recente è a guida del colosso coreano Hyundai, che è anche un cantiere navale, che ha ricevuto dal Lloyd Register l’approvazione per la costruzione di una piccola portacontainer. Un paio di mesi prima era stata la volta dei cantieri Samsung, quella volta per una petroliera. Entrambe le navi saranno pronte nel 2025.


Se l’ammoniaca come sostituito del gasolio vi incuriosisce, non perdete la conferenza Green Shipping in programma nell’ambito della Naples Shipping Week, di cui curiamo l’agenda, il 1 ottobre, anche in streaming.



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