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I gemelli digitali. Cosa sono e a cosa servono.

Da qualche tempo sono apparsi anche nei media generalisti, negli articoli sull’innovazione nel campo della produzione e delle infrastrutture. Alla prossima Genova Smart City, di cui Studio Comelli cura l’agenda delle conferenze, saranno presentati almeno due esempi di digital twin, rispettivamente della sopraelevata di Genova e di un ponte del territorio della provincia ligure. Il termine viene poi usato abbondantemente quando si tratta di progettazione di prodotti complessi, come le automobili da corsa. Ma quale concetto copre il termine?


La definizione più ampia oggi utilizzata recita che un digital twin è “una replica digitale di un oggetto fisico esistente o potenzialmente esistente, che può essere un territorio, un processo, una persona o gruppi di persone, un sistema, un oggetto singolo”. Il digital twin comprende tutti gli elementi del gemello fisico e le sue dinamiche, fornendo una rappresentazione del comportamento di quest’ultimo. Rispetto ad un modello digitale, che si usa da decenni, e anche ad una simulazione, il concetto di digital twin ha come elementi decisivi due caratteristiche: il collegamento costante con la controparte fisica e il fatto che questo collegamento sia garantito da sensori che ne catturano gli stati e le dinamiche in grande dettaglio.

Per tornare all’esempio del ponte, il suo gemello digitale non solo comprende tutti gli elementi della sua struttura dal punto di vista geometrico e materiale, riceve i dati catturati dai sensori relativi ad una quantità di parametri: temperatura dell’aria e dell’elemento, umidità, contenuto salino dell’aria, vibrazioni, sollecitazioni puntuali, stato del manto stradale, eccetera. Tutti questi dati vengono applicati come input al modello di simulazione fisico del ponte e forniscono la base di partenza che permette, per esempio, di simulare il comportamento futuro di un elemento, o il suo degrado e questa informazione viene poi riportata come azione sulla controparte fisica per l’aggiunta di sensori più densi in una zona critica. Questi a loro volta cattureranno dati e così via.


Da questa descrizione sommaria emergono immediatamente una questione contingente e due più fondamentali. La prima è come si fa a costruire un gemello digitale di un qualcosa di fisico se non se ne conoscono tutti i dettagli. Rimanendo al ponte, se questo è stato costruito in era pre-CAD, di esso esisteranno dei disegni su carta che vanno trasformati in un modello 3D, e questa è la parte più semplice. Nel tempo (e spesso anche durante la costruzione) la realtà fisica si è discostata dal progetto per una serie di motivi possibili, per cui i disegni possono costituire una base che poi va integrata, o stravolta, da rilievi sul campo. Poi c’è il problema dei materiali e di come sono stati utilizzati (calcestruzzo di qualità differente, armature più rade e di minore qualità…). Già questo dà un’idea della complessità insita nella creazione di un gemello digitale anche solo statico.


Le due questioni fondamentali, tra loro collegate, si applicano anche a gemelli digitali di entità fisiche di cui si può presumere di sapere tutto: quali confini deve avere un digital twin? E poi, a che livello di dettaglio è necessario spingersi, che al contrario diventa: quanto si può semplificare un digital twin rispetto alla controparte fisica?


Sempre restando al ponte, di solito questa categoria di oggetti non se ne sta sospesa nel vuoto cosmico ma è ben piantata per terra. Se voglio veramente avere una rappresentazione fedele del ciclo di vita di un ponte, quanto dell’ambiente circostante devo comprendere? Le fondazioni sicuramente, ma la roccia su cui poggiano? E la collina a monte? E il corso d’acqua e le sue rive? E passando alla seconda questione, come devo rappresentare gli elementi, nella loro articolazione materiale (al limite come insiemi di molecole) oppure come scatole nere da cui escono output che diventano input di altri elementi? Non esiste una risposta univoca ma una gradazione di risposte, per il motivo fondamentale che, come narrava Borges nel famoso racconto, al limite del dettaglio la mappa dell’impero coincide con l’impero. E se il problema dello spazio fisico è superato nel mondo digitale, esistono comunque limiti, anche teorici, al dettaglio di una rappresentazione.


Ammesso di avere superato, con i soliti compromessi e mediazioni e molto olio di gomito, queste questioni, a cosa servono i digital twin? In parte abbiamo risposto: ad avere una rappresentazione anche predittiva del ciclo di vita dell’entità fisica gemellata. L’importanza che ha questo per la gestione di una infrastruttura è evidente. Ma si possono anche eseguire simulazioni “what if”, basate sui dati storici raccolti dai sensori di determinati parametri e sulle capacità di modellazione dei fenomeni fisici. Per esempio, si può sottoporre il gemello digitale del ponte ad un vento laterale di velocità superiore a quella mai registrata prima e vedere le reazioni della struttura. Oppure si può “far passare” virtualmente sul ponte traffico pesante doppio a quello effettivo per un periodo simulato di tre anni (si può accelerare il tempo nei digital twin) e constatare il degrado sulla struttura.



Se dal livello di un “oggetto”, per quanto grande e complesso come un ponte, si passa a quello di sistema, la difficoltà di realizzazione di un digital twin, ma anche la sua utilità, crescono enormemente. Pensiamo al gemello di un porto, o addirittura di una città. In realtà a questi livelli si sta arrivando solo ora perché la potenza di calcolo, le capacità di archiviazione dati e le prestazioni di software e di reti di sensori cominciano a consentirlo. Su scala più piccola, i gemelli digitali si stanno diffondendo, addirittura come “accessorio” compreso nel gemello fisico. Oggi non è raro che una macchina utensile o un robot abbiano singolarmente il proprio gemello digitale, che viene usato dall’utilizzatore per inserirlo nel gemello della linea produttiva e al costruttore per monitorarne il funzionamento, prevedere le necessità di manutenzione, progettare nuove versioni e mille altre cose. Addirittura, facendo uso di dati storici provenienti, per esempio, da modelli in scala minore oltre che delle conoscenze del mondo fisico, un mese fa un alto esponente dell’Aeronautica USA ha potuto rivelare che il loro nuovo aereo da caccia sta già volando e battendo record, in modo integrato nel mondo fisico e in quello virtuale. Quando si deciderà di mandarlo in produzione, il 95% dei test, che prendono normalmente anni, sarà già stato effettuato. Cosa questo possa significare nel più prosaico mondo dei prodotti durevoli di ogni giorno come compressione di cicli di progettazione e possibilità di modificare il prodotto sino all’ultimo, è troppo evidente per soffermavicisi. E le applicazioni in medicina? Un’altra volta.


#digitaltwin #nuovitrend #AI #MarcoComelli

 

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