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Non c'è 5 senza 6...G

Ma come, il 5G per ora è solo un’iconcina su alcuni smartphone di nuova generazione, e già si parla di 6G? In realtà non ci sarebbe nulla di strano. Nel mondo delle comunicazioni wireless comunemente dette cellulari, il ciclo di sviluppo di una nuova generazione si aggira sui dieci anni, quindi parlare oggi di tecnologie che andranno in commercializzazione nel 2030 è normale. In effetti qualcuno ci pensa già da qualche anno. Qualche mese fa sono girati articoli sul fatto che in Cina ci lavorano dal 2018, ma in realtà già nel 2014 la DARPA americana aveva individuato nelle trasmissioni nel dominio dei TeraHertz (1 THz= 1000 GHertz, oggi il massimo previsto nel 5G è 39 GHertz) uno dei pilastri nelle comunicazioni in orizzonte 2030 e oltre, e nello stesso 2018 il team del Professor Rappaport, della New York University era già in grado di offrire una serie di corsi tecnici sulla tecnologia.


L’anno successivo, nel marzo 2019, la FCC, l’ente americano di gestione delle telecomunicazioni, apriva ufficialmente lo spettro elettromagnetico compreso tra il 95 MHz e i 3Thz all’utilizzo, allocando per l’utilizzo senza licenza 21.2 gigahertz totali nelle bande 116-123 GHz, 174.8-182, 185-190 GHz e 244-246 e mettendo a disposizione su richiesta licenze sperimentali per il restante dello spettro. Una delle caratteristiche del per ora ipotetico 6G è una velocità di trasmissione altissima e per questo bisogna andare a frequenze più elevate. È così dall’inizio della telefonia cellulare, al netto della sempre maggiore ottimizzazione e intelligenza nell’utilizzo della spazio disponibile. Più si sale in frequenza più i canali che portano i dati si allargano e più è semplice lasciare uno spazio tra di loro per evitare interferenze.

Per ora siamo nel campo della ricerca, precedente anche alla definizione di uno standard. Secondo gli esperti si comincerà a parlarne non prima del 2025. Per arrivare preparati, si sono formati due consorzi/iniziative, uno negli Stati Uniti, che non hanno intenzione di ripetere l’errore dell’epoca Obama quando non investirono sul 5G, e uno in Europa. Il primo si chiama Next G Alliance, nell’ambito dell’Alliance for Telecom Industry Solutions che riunisce la filiera Telecom nordamericana (quindi anche Canada e Messico), la seconda è il Project Hexa-X europeo, a guida Nokia, che scaturisce da una precedente iniziativa di Stato finlandese e che è finanziato nell’ambito di Horizon 2020, nonostante abbia iniziato a operare il 1° gennaio di quest’anno. Da notare che gli operatori giapponesi e coreani sono presenti in massa in Next G Alliance, ma anche Nokia ed Ericsson.


A parte essere più veloce, si discute per ora molto sulle applicazioni di una rete 6G. Sicuramente non si tratterà di vedere meglio i gol sullo smartphone o di ascoltare le playlist Spotify a una qualità superiore a quella di oggi, che già è impercettibile per il 99% degli ascoltatori e i loro auricolari. Che gli obiettivi debbano essere altri era già evidente con il 5G, dove però si parla di ambiti che hanno poco a che fare con l’utenza tradizionale delle reti cellulari e che saranno per lo più impercettibili al cittadino comune. Dovranno essere comunque applicazioni remunerative, per giustificare gli enormi investimenti infrastrutturali. Solo per dare un numero, negli Stati Uniti le aste 5G dell’FCC per i canali nella banda C (3,7-4,2 GHz) alla fine della prima fase lo scorso febbraio hanno fatto segnare un incasso per il Governo americano di 80,92 miliardi di dollari e manca ancora la fase di assegnazione dei singoli blocchi di frequenze ai singoli acquirenti. Inoltre, non tutto, e forse solo una pare minoritaria delle reti 6G opererà a livello di TeraHertz, esattamente come accade oggi con il 5G, che utilizza diverse bande a frequenze anche molto diverse, come ci accorgeremo tra poco quando dovremo cambiare TV o decoder per lasciar libere parti delle bande televisive per certe implementazioni 5G.


Nokia ha recentemente definito sei sfide nello sviluppo del 6G:

  • connettere l'intelligenza con le tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning

  • creare una "rete di reti" in cui più risorse vengono aggregate in un grande ecosistema digitale eterogeneo

  • sostenibilità, per ridurre l’impronta energetica dell’ICT globale

  • copertura globale del servizio per connettere postazioni remote

  • velocità estrema, latenze impercettibili, capacità apparentemente infinita e localizzazione e rilevamento di precisione

  • affidabilità per garantire la riservatezza e l'integrità delle comunicazioni e la resilienza operativa

Tutti obiettivi commendevoli, ma per fare cosa? Qualcosa di più si comprende leggendo documenti come il primo deliverable del Project Hexa-X, un paper sulla filosofia di base del progetto e sui possibili use-case. In questi ultimi si spazia da applicazioni abbastanza famigliari, visto che fanno parte anche degli obiettivi del 5G, come la telepresenza, la robotica collaborativa, i digital twin su scala gigantesca, con centinaia di migliaia di sensori, l’e-Health a livello di intere popolazioni, ma anche cose più esotiche come le local trust zones, ossia porzioni di reti ultrasicure su scala che va dalle reti di sensori che monitorano intere regioni ad alta definizione, sino a reti corporee (nel senso di interne al corpo) basati su sensori ed attuatori con dimensioni di nanometri. In questo le frequenze sui THz sarebbe perfette, perché richiedono antenne estremamente piccole. La trina cerebrale di Elon Musk sta in questa categoria.


Bisogna fare attenzione a scrollare le spalle. Anche ai tempi del 3G si pensava che velocità più elevate di quelle possibili allora fossero largamente inutili se non per cose come le videochiamate (le ricordate?), poi è arrivato l’AppStore di Apple e tutti gli altri… Che richiesta di velocità e capacità e localizzazione si potrebbe avverare se si diffonderanno tecnologie come l’appena annunciata Mesh di Microsoft, che permette di costruire applicazioni di interazione in ambiente di realtà mista, compresa la possibilità di olotrasporto con cattura 3D in tempo reale dei partecipanti e dei loro movimenti? Ibridi tra Instagram, TikTok, ClubHouse, Second Life e Pokemon Go, magari collegati a interfacce indossabili. Oppure applicazioni che nemmeno immaginiamo, collegate a mezzi di fruizione solo lontanamente simili agli smartphone. Fantasie selvagge? Forse, però è di poche settimane fa che LG a sorpresa ha annunciato la sua uscita dal settore smartphone entro luglio per concentrarsi su IoT, veicoli elettrici (LG realizza gigafactory di batterie per Tesla, GM, tra gli altri) e… 6G.




 

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